Mercoledì pomeriggio. il 27 febbraio, giorno della presentazione alla stampa e agli addetti ai lavori la ventiduesima esposizione internazionale della Triennale di Milano ho comprato un gelato. In effetti, a Milano si registrava un bel sole caldo e il termometro era stazionario sui 22 gradi.
Bello?
E se avere circa dieci gradi in più della media nazionale fosse invece un problema?
La Triennale di Milano – foto Gianluca Di Ioia
Il tema della Triennale, Broken Nature: Design Takes on Human Survival è un monito a discutere proprio di questo: di “natura spezzata”, del cambiamento climatico ed ambientale che ogni anno peggiora, ma soprattutto di come l’uomo, lavorando con il design, la scienza e la tecnologia possa trovare una soluzione ed invertire la rotta.
Hippo Roller – Pettie Petzer e Johan Jonker
In caso siate interessati al tema, la Triennale è visitabile da oggi, primo marzo (fino al primo settembre 2019) ed è composta da più di cento opere e installazioni da più d venti paesi di tutti e cinque i continenti. Alcune di esse sono create apposta per l’occasione, come Transitory Yarn di Alexandra Fruhstorfer, Nuka-doko di Dominique Chen e Whale Song di Google Brain, altre invece sono pietre miliari come l’Hippo Roller di Pettie Petzer e Johan Jonker, il progetto residenziale Quinta Monroy di Elemental, le 100 sedie in 100 giorni di Martino Gamper, ed Eyewriter low-cost di Zach Lieberman (e altri), un sistema open source di tracciamento oculare.
Quinta Monroy – foto di Tadeuz Jalocha, Cristobal Palma
L’esposizione, curata da Paola Antonelli – già presente con lo stesso ruolo al dipartimento di Architettura e Design presso il Museum of Modern Art di New York e direttore ricerca e sviluppo dello stesso museo – con Ala Tannir, Laura Maeran ed Erica Petrillo, vede presidente l’architetto Stefano Boeri che racconta di come, grazie a quest’edizione la Triennale possa rinascere e tornare ad essere luogo di discussione sul futuro, sulla relazione con il passato e sui temi fondamentali dell’abitare.
100 sedie in 100 giorni di Martino Gamper in mostra a Melbourne nel 2016.
Che farete? Andrete a discutere sul futuro?