l’abitare nell’era digitale
Interno, notte: due ragazzi abbracciati sul divano del salotto, conosciutisi poche ore prima su Tinder, intenti a guardare Netflix collegato alla smart tv, mangiucchiando di tanto in tanto la pizza ormai fredda e quasi finita, ordinata su una delle tante applicazioni per smartphone.
Sembra un cliché, e invece è ciò che accade quasi ogni sera nei tanti appartamenti (spesso condivisi) delle metropoli nostrane.
La vita domestica è cambiata, non perché qualcuno ha deciso che dovesse cambiare. Ma perché noi, e quindi i nostri bisogni, siamo cambiati.
Non vogliamo più scegliere, come recitava la pubblicità di una nota compagnia telefonica, e quindi abbiamo deciso di avere tutto. Dal sesso, al cibo, all’intrattenimento.
La vita, insomma.
La casa del futuro – che è già presente – è iperconnessa e immersiva, ma meno personale. Lo sconosciuto che varca l’uscio si appropria per prima cosa del wi-fi, che l’anfitrione solertemente gli confida al più presto. Galateo digitale.
E lo stesso sconosciuto si muove agile tra i device domestici, servendosi di volta in volta di ciò che più gli serve.
La casa, come il prodotto, sta diventando forse una commodity. Un servizio in scala, da bancone; quel che conta ormai è l’esperienza che dentro le quattro mura si può provare. Dagli schermi in 3D ai nuovi assistenti artificiali di Amazon e Google. Che prenotano il parrucchiere al posto tuo – senza che la persona all’altro capo del telefono si accorga di nulla.
Provocazioni, certo. Ma fino a che punto?
O meglio: fino a quando? Probabilmente, leggendo queste righe tra due lustri, sorrideremo sarcastici per la poca lungimiranza profusa.
Il futuro lo costruiamo hic et nunc e in ogni istante: sul nostro letto spulciando articoli; qui sulla scrivania a scrivere contenuti digitali traendo ispirazione dal dio musicale Spotify.
I rischi esistono, come i privilegi. Stiamo diventando bolle telematiche ambulanti – vere isole solipsiste, che si nutrono della propria vanità. Ma paradossalmente la sete di interazione è ancora forte e forse ancor più grande di prima. Pensiamoci e preserviamola.
Il giusto mezzo, soprattutto ora, deve essere la stella polare di noi fortunati utenti dei nuovi paradisi artificiali.