Con il termine non luogo, inventato dall’antropologo francese Marc Augé, si fa riferimento a tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Fra questi immancabilmente si trovano gli outlet ed i grandi centri commerciali, dove milioni d’individui s’incontrano ma non entrano tra loro in relazione, poiché, spinti dalla frenesia del comprare e del consumare, attraversano questi spazi in autonomia e in rapidità, per lo più incuranti del contesto.
Tuttavia a Gwanggyo in Korea, Rem Koolhaas sembrerebbe aver rivoluzionato il concetto di shopping mall, attraverso Galleria, il grande magazzino che rivendica una nuova identità. Progettato dallo studio OMA, si configura come un cubo lapideo, un grande monolite le cui facciate sono rivestite da un mosaico formato da oltre 125.000 tessere di granito. Questo volume massiccio ed introverso viene imprevedibilmente rotto da un nastro in vetro dalla geometria sfaccettata che circonda e si snoda attraverso i dieci piani dell’edificio. All’interno di questa spirale trasparente si materializza un percorso pubblico, che connette la Galleria alla città attraverso un’esperienza fisica e visiva. La presenza di questo camminamento rivoluziona l’essenza stessa dei centri commerciali, sia dal punto di vista tipologico che formale. I grandi magazzini difatti solitamente sono sprovvisti di superfici vetrate per evitare distrazioni dalle attività d’acquisto, mentre questo percorso, arricchito da molteplici attività culturali, offre alla comunità l’accesso alla piazza pubblica nel rooftop e permette viste inedite sul panorama urbano e sul vicino lago Suwon.
Può esistere dunque un’architettura sociale, seppur commerciale e privata?
Tutte le foto Hong Sung Jun per OMA