Tra sconforto e sorpresa, in questi giorni gli occhi del mondo sono ancora pieni delle immagini delle fiamme che divampano e distruggono la copertura della cattedrale di Notre-Dame di Parigi. Nel mentre si accende anche il dibattito sulle prospettive della ricostruzione dell’edificio. Emblema della nostra storia comune commentano i francesi, simbolo dell’arte e dell’architettura gotica europea. A caldo forse il sentimento maggiormente condiviso sarebbe quello della ricostruzione com’era e dov’era, ossia restituire alla basilica l’aspetto che aveva prima dell’incendio, sfruttando la grande mole di documenti fotografici e d’archivio che raccontano e descrivono le grandi trasformazioni della cattedrale nella storia. Tuttavia è questa l’unica strada che dobbiamo, o vogliamo, seguire? Catastrofi naturali, incidenti colposi o danni bellici si sono continuamente susseguiti nel corso della storia, intaccando monumenti e architetture di pregio. Ma non sempre si è scelto di riprodurre una fotocopia di quanto perduto.
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Foto di Elena Magnani
Il Reichstag di Berlino uscì dalla guerra pesantemente devastato e arrivò agli inizi degli anni Novanta pieno di lacune, superficialmente tamponate da un rivestimento di pannelli di carta e gesso e di amianto. La sua ricostruzione è stata oggetto di un Concorso Internazionale di Progettazione che ha visto vincitore nel 1993 il progetto di Foster and Partners. L’intervento di Foster riconosce l’importanza del Parlamento tedesco come una delle più grandi tribune democratiche del mondo; pertanto il suo progetto, pur mantenendo visibili tracce del passato, ha voluto rendere le azioni di governo pubblicamente più accessibili. Così si è realizzata una grande cupola in vetro – elemento fondamentale della composizione architettonica e dispositivo chiave nelle strategie di utilizzo di energia e luce – che comunica esternamente i temi di leggerezza, trasparenza, permeabilità e dimensione pubblica del luogo.
Via botta.ch
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Un altro intervento che ha fatto parlare è stato quello riguardante l’ampliamento del Teatro alla Scala di Milano avvenuto nel 2004 per mano di Mario Botta. L’architetto ha deciso di inserire un cilindro e un parallelepipedo sopra la storica struttura esistente; questi nuovi corpi di fabbrica dalle forme pure e perfettamente riconoscibili dialogano tra loro grazie all’uso del botticino color miele. A quindici anni di distanza il teatro milanese allarga nuovamente i suoi spazi: nuovo ampliamento sempre ad opera di Mario Botta, in collaborazione con l’architetto Emilio Pizzi, in cui si prevedono una nuova torre, un palcoscenico profondo 70 metri, l’unificazione degli uffici amministrativi e spazi d’uso degli artisti.
Pertanto la sfida per una sapiente ricostruzione di Notre Dame sarà quella di riuscire a far dialogare la memoria storica e il patrimonio culturale che esso rappresenta con le esigenze attuali e future, come espressione del nostro genio creativo, della nostra epoca e di ciò che siamo. Notre Dame non sarà più come prima. Sarà molto meglio.
In copertina foto da Artribune.com