Cosa hanno in comune l’architettura e la moda? Ve ne ho già parlato in un post poco tempo fa, constatando quanto entrambe ricerchino classe ed eleganza e siano chiare manifestazioni espressive del bello. Tuttavia oltre a concetti di carattere estetico, queste due discipline esprimono una precisa identità personale, sociale e culturale e riflettono gli interessi delle persone e le ambizioni delle età. Dagli anni Novanta le prestigiose maison sono state acquistate dai grandi gruppi e i flagship stories hanno acquisito un’importanza enorme nelle strategie di marketing. In questo scenario, l’architetto deve tradurre in forme tangibili i valori sottesi dal fashion brand, fornendone un’immagine accattivante e ben riconoscibile. E poiché l’architetto di fama costituisce esso stesso un elemento di richiamo per l’opinione pubblica, si fa sempre più frequente il ricorso alle archistar da parte delle griffe più prestigiose. Prende forma così uno speciale connubio tra architetto e stilista, come è avvenuto in primis fra tutti tra Rem Koolhaas e Miuccia Prada. Dalla loro collaborazione pluridecennale difatti è nato un nuovo concetto di fashion store che ha rivoluzionato il modo di fare shopping.
Il primo negozio esemplare di tale sodalizio è il Prada Epicenter di San Francisco realizzato nel 2000. Collocato nel centro della città, si compone di due cubi galleggianti posti uno sull’altro che contengono trentanove mila metri quadri di uffici e negozi, con showroom, spazi espositivi e persino un attico Vip. I due cubi sono separati all’altezza del sesto piano da una terrazza panoramica che offre ai clienti un locale ristoro e una vista mozza ato sulla città. La facciata è realizzata con pannelli in acciaio inossidabile perforati, che filtra la luce diurna e la distribuisce attraverso vari materiali traslucidi nello spazio interno. L’ambiente interno infatti è trattato con i materiali polimerici più disparati: spugne, polistirolo, polistirene e policarbonato.
L’Epicenter di New York realizzato nel 2001 invece è una conversione di ventitre mila metri quadri, in cui lo spazio è trattato con grande informalità. Nonostante il lusso e il prestigio del brand, Rem Koolhaaas realizza uno spazio curvo a doppia altezza che si conforma come stage polifunzionale: accoglie performance teatrali, concerti, eventi ed espone scarpe, borse e capi d’abbigliamento in assenza di alcuna circostanza particolare.
Nel 2004 il gruppo Prada commissiona un altro Epicenter, questa volta situato a Los Angeles. A affacciato aggressivamente su Rodeo Drive si collega strettamente allo store di New York: se nella Big Apple si generava un’onda che dal piano terreno si spingeva verso il seminterrato, nella città degli angeli s’incontra un piano di legno che si piega e supporta una scatola galleggiante in alluminio al secondo piano. Tutt’al più l’Epicenter di Los Angeles ha avuto meno successo dei precedenti perché si presenta come mero e freddo edificio contenitore che, seppur tecnologicamente estremamente avanzato, non si avvale di un contesto forte a cui attaccarsi.
L’ultima realizzazione di Epicenter Prada avviene a Shangai. Ci si trova di fronte a una situazione di forte preesistenza: la sfida per Prada e OMA consiste nel reinventare e riorganizzare gli elementi dello store in un modo del tutto nuovo, adattandosi all’eccentricità della situazione già esistente. Qui viene adottato il prototipo di locale a piccola scala, creando così negozi superficiali dedicati a specifici prodotti o gamme Prada, quasi come delle mini boutique. La facciata del negozio non è interamente occupata, così che le mini boutique sembrano incorporate nella striscia di piccoli negozi già esistente. Esplorando questi stores si nota come l’obiettivo che li accomuna, come ha dichiarato la stessa Miuccia, è quello di creare un’opportunità per ridefinire la cultura contemporanea e interpretare l’idea di shopping in modo innovativo e sperimentale. Tecnologia, materiali intriganti e metodi rivoluzionari arricchiscono e trascendono l’esperienza di acquisto guidando l’acquirente in una dimensione nuova e surreale.
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