Enough: the architecture of degrowth. Oltre che essere il titolo dell’ultima Triennale di Oslo, curata dall’architetto canadese Matthew Dalziel, è una dichiarazione d’intenti, un manifesto dell’architettura del futuro. Un obiettivo ambizioso ma più che mai necessario, se si pensa che gli edifici e il settore dell’edilizia sono responsabili del 39% di tutte le emissioni di CO2 nel mondo. Difatti lo studio Interrobang, capitanato da Dalziel insieme ad un gruppo di professionisti visionari, ricerca soluzioni architettoniche alternative, che rispondano in modo concreto all’emergenza climatica e alle disuguaglianze sociali diffuse. L’architettura è una disciplina che ha il suo fondamento nella ricostruzione, nel mantenimento e nel riuso e ogni architetto dovrebbe sempre chiedersi se davvero c’è bisogno di un nuovo edificio. Ma cosa faranno gli architetti del futuro, se non possono costruire nuovi edifici? Si adatteranno ai cambiamenti proponendo nuove soluzioni. Ad esempio utilizzando materiali riciclati e presi in prestito alla collettività per poi all’occorrenza restituirglieli. Oppure dotare gli edifici di tetti giardino, verde verticale, pannelli solari e mini turbine eoliche per poter essere energicamente autosufficienti. Come impone il sindaco di New York Bill De Blasio tramite l’ordinanza Green New Deal, in cui si mira a ridurre del 30% le emissioni di gas serra della metropoli entro il 2030, adeguando così la città agli standard emersi dagli accordi sul clima di Parigi (di cui vi avevo parlato qui). Un esempio di grattacielo che cambierà il volo della Grande Mela? il 565 Broome SoHo, progettato da Renzo Piano Building Workshop (RPBW). A Copenaghen invece è stato recentemente inaugurato Amager Resource Center, il termovalorizzatore di pregio architettonico progettato dal Bjarke Ingels Group che trasforma la spazzatura in energia elettrica. Insomma una montagna sostenibile. Tra i progetti più sostenibili, affascinanti, rivoluzionari e d’autore inaugurati nel 2019 si trova anche la sede dell’Axel Springer Campus a Berlino, firmato dal team olandese OMA di Rem Koolhaas, che nell’epoca della digitalizzazione e dell’attività svolta da remoto, annulla il rapporto alienante tra lavoratore e computer, mettendo a disposizione dei lavoratori ampi spazi per l’incontro e la collaborazione. A Milano invece la ex Centrale del Latte ospita 4 edifici circolari dedicati a cultura, conoscenza, pensiero critico, senso di responsabilità e curiosità: stiamo parlando del nuovo Campus Bocconi, un progetto ideato dallo studio Sanaa di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa.
Oltre che vantare alta efficienza energetica, attenzione ai materiali selezionati e impiego di tecnologie ambientalmente virtuose, l’architettura deve avere la capacità di rivitalizzare una città, riattivare un quartiere periferico o rendere abitabile un’area disagiata. Il punto di partenza è proprio il territorio che le ospita, talvolta da risanare, riqualificare e valorizzare.
Foto di Anna Morgowicz
Via Big.dk
Via oma.eu
Via sanaa.co.jp
In copertina The Twist di Bjarke Ingels Group, Norvegia